Train To Roots HOME

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La lode al mondo dei sardi Train To Roots si origina e prende forma nel ritorno alle radici con una contingenza magnetica che ci porta nel flusso di un mondo allargato, oltre i confini del reggae, senza annacquarne forza e sostanza e immergendo l’ascoltatore nell’empatia della musica ribelle, sin dall’iniziale One Light, un invito a ballare al ritmo di reggae senza rinunciare a mantenere a galla quel groove che a volte ricorda cantilene infantili e altre volte si spinge, come per contatto, verso il corpo, sostenendo la scossa e il tremore del cuore. Come dicono gli stessi Train To Roots «”Home” rappresenta lo stato di serenità e di sicurezza che ognuno di noi percepisce nella propria casa. Una casa fatta non di mattoni ma di persone, di comunità, di convivenza. Home anche perché siamo tornati a produrre la nostra musica, a prenderci noi in prima persona la responsabilità delle scelte stilistiche e delle tematiche affrontate. Ogni testo racconta situazioni di vita reale e vissuta in prima persona, dando degli spunti propositivi per affrontare le contraddizioni del sistema con maggiore consapevolezza e serenità». Con queste parole i sardi Train To Roots presentano il loro quinto album, un disco autoprodotto e pubblicato dall’etichetta INRI.

Ecco allora che riemerge quel sound che riconosci subito pur avendolo ascoltato sporadicamente. Nella fattispecie, una line up di sardi formata da Michele Mulas “Rootsman I” (voce), Antonio Leardi “Papa’Ntò” (tastiere), Simone Bardi “Doctor Bass” (basso), Stefano Manai “Stiv Man I” (chitarra), Giampaolo Bolelli “Jambo” (chitarra), Carlo Pippia “Groover”(batteria), con diverse e celebri collaborazioni tra le quali spiccano quelle con gli italiani Clementino, Madh e Levante, tre artisti che pur non appartenendo al mondo reggae, hanno voluto far parte di questo lavoro, Lion D gli spagnoli Aspencat e Auxili che fanno invece oramai parte della vita musicale dei Train To Roots e per questo sono stati coinvolti in questa produzione, i quali fanno progredire un’energia e una potenza simile ad uno sciame di grani abbaglianti. Insomma una nutrita vampa che ha realizzato un disco di undici tracce scoppiettante di poliritmie e chitarre caraibiche, canti solari e cori a vocali aperte, rotte roots e latitudini tropicaliste. In mezzo a tanto esotismo ci stava bene anche un poco di sana elettronica evidente nella parte ritmica, che dà un quid di unicità in più a “Home”. Il nuovo disco dei Train To Roots, disponibile nelle piattaforme online europee dal 4 marzo e in quelle del resto del mondo dal primo aprile affonda oltre il confine del villaggio globale, ora con momenti più pacati, come in Dipende da te e Woman, ora in moti più frenetici, che conquistano tempestosamente corpo e gambe, vedi Like a Dog e Step Up.

Dunque niente pecorino pepato o salsicce di mirtillo, in questo disco che si vuole globale, dove la teoria della fuga è in realtà un ritorno alle radici originali. Home mantiene a galla l’attività di un suono, anche se non sempre originale, intenso, compatto e decisamente ambizioso.

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