La recente condanna di Ninja Man ha dato nuovamente fiato a chi da tempo porta avanti la sua battaglia contro la dancehall additandola di tutti i mali sociali che affliggono la Jamaica a partire dalla criminalità e dalla violenza.
Ragionamenti troppo semplici che affidano allo scalpore del momento il compito di convincere anche i dubbiosi sulle reali responsabilità delle lyrics proposte, soprattutto se dietro le sbarre si trovano elementi di primo piano della dancehall quali lo stesso Ninja Man e naturalmente Vybz Kartel.
Ad articolare un ragionamento ben più complesso ci pensa l’esperto produttore, manager e commentatore Clyde McKenzie sulle pagine dell’Observer.
“Se sbaglia un banchiere non mettiamo sul banco degli imputati l’intero sistema. E’ vero che molte volte i testi delle attuali canzoni sono malsani, ma non possiamo non correlare questo aspetto alle origini e alle situazioni di vita spesso vissute dagli artisti. Resta il fatto che casi come quelli verificatesi non possono condannare tutta la dancehall. Alcuni giudizi sono miopi e spesso non tengono in considerazione che un certo tipo di lyrics sono a loro volta frutto di alcuni problemi sociali quali la povertà, l’assenza della figura paterna, il livello di alfabetizzazione”.
Per McKenzie queste non vogliono essere giustificazioni ma elementi che vanno presi in considerazione quando si formulano giudizi e analisi.
“Sono tanti gli artisti che seppure hanno questi vissuti riescono ad emanciparsi e uscire fuori da certi meccanismi. Ma non sempre è semplice, spesso i rapporti con la comunità di appartenenza non possono essere del tutto recisi” – puntualizza il produttore.
Basta dunque condannare la musica per concentrarsi su quelli che sono i veri problemi e le istituzioni che non solo non li combattono, ma che spesso in maniera più o meno consapevole li mantengono intatti.