Venexian Fora Casa è il primo album della band Dreghe e i Fioi: otto tracce tutte originali in dialetto veneziano più una versione dub a cura di Dj Afghan (Soulove Records).
Testi diretti e senza sconti ispirati anche dai Pitura Freska che hanno sempre portato a galla temi scomodi con ironia, legati da un fil rouge malinconico dovuto alla effettiva situazione critica della città che perde sempre più abitanti e si riempie di negozi usa e getta che la portano nel baratro danneggiando la sua credibilità e la sua storia.
D. Parliamo del vostro primo album Venexian Fora Casa. Perché la scelta di cantarlo tutto in veneziano?
R. Abbiamo deciso di cantarlo tutto in dialetto veneziano perché questo album è dedicato a Venezia ed ai suoi abitanti. Desideravamo trattare tematiche riguardanti le problematiche che interessano la città, e l’intento era mandare un messaggio che fosse comprensibile in particolar modo da chi Venezia ce l’ha nella pelle, giovani e anziani.
Da nato e cresciuto a Venezia, mandare questo messaggio in veneziano mi è sembrato il modo più onesto, nonché più chiaro.
D. Di cosa parla il disco?
R. Il disco nasce da un amore profondo che provo/proviamo per questa città unica al mondo che ci porta a cercare di tutelarla.
Abbiamo provato a porre l’attenzione, secondo il nostro punto di vista, sulle grandi questioni che caratterizzano questa città, come ad esempio il problema dell’acqua alta ( MOSE ), il tema dello spopolamento, il turismo di massa, nonché rivedere i modi di dire e i luoghi comuni che ci appartengono con pensiero critico e talvolta anche provocatorio.
Si porta il punto di vista di una persona nata e cresciuta in questa città, ma che ha scelto di trasferirsi oltre il ponte.
Ogni volta che torna, ha l’opportunità di percepire un’immagine più distaccata emotivamente, considerare certe dinamiche che sono fonte di ispirazione, ma soprattutto di riflessione.
Il disco risulta così fortemente malinconico, ma allo stesso tempo speranzoso e vicino a quella parte della cittadinanza che lotta contro tutte queste ingiustizie per lo più commesse dagli stessi veneziani.
D. Quando si parla di reggae in veneziano vengono subito in mente i Pitura Freska? Il paragone calza? Avete rapporti con la storia band di Skardy e soci?
R. Io personalmente ho ascoltato prima i Pitura che Bob Marley, quindi per me sono più che musica, sono cultura, sono storia.
Ovviamente tutti noi siamo legati alla loro musica, ma siamo consapevoli che, nonostante alcune tematiche siano rimaste le stesse, il mondo è andato avanti. Ma sia per quanto riguarda i testi che gli arrangiamenti, i Pitura sono irripetibili e ineguagliabili.
Per noi è un onore essere accostati a loro. Mi piace pensare che siamo un seme che hanno piantato e che è appunto grazie a loro che siamo potuti nascere.
D. Ci sono delle collaborazioni all’interno del disco?
R. No, all’interno del disco non ci sono collaborazioni.
Abbiamo ripreso dei pezzi dal mio repertorio e li abbiamo riarrangiati e dato nuova vita.
D. Come definireste il vostro sound per chi ancora non vi conosce?
R. In questo disco e nei nostri live abbiamo cercato di creare il più possibile la nostra identità, puntando ad armonizzare il contributo di tutti e a valorizzare ciò che per noi suonava bene.
Per questo mi viene difficile definire specificatamente il nostro sound, siamo semplicemente noi, che apprezziamo mischiare i nostri bagagli musicali, creando e suonando insieme.
D. Come e perché vi siete appassionati alle sonorità reggae?
R. Come dicevo prima siamo stati tutti battezzati dai Pitura, ma ho spinto io a far nascere questa band per poter esprimere il mio amore per la musica reggae e i messaggi che veicola.
Per me è stato fulminante partecipare al Rototom nel 2007 ad Osoppo! Da lì la mia passione per questo genere musicale si è consolidata. L’atmosfera che si respirava in quel festival è stata fonte d’ispirazione e tutti gli artisti che ho potuto ascoltare e vedere sono stati le basi per intraprendere questo viaggio magnifico attraverso questa musica e le sue sonorità.
D. Quali sono i vostri modelli musicali di riferimento?
R. Nel gruppo siamo in sei, sei mondi musicalmente diversi, ma con il filo della musica reggae che ci lega.
C’è chi ha un background rock, chi jazz e chi funky.
E come dicevo prima, è proprio da questo miscuglio di contaminazioni che nascono i nostri pezzi.
Io personalmente sono molto legato sia a gruppi di musica reggae italiani, come la Villa Ada o i Reggae National Tickets, che ad artisti internazionali come Dennis Brown o Gentleman, giusto per citare i primi che mi vengono in mente.
D. Parlatemi del video realizzato con Diana Dabalà e Giacomo Palazzi…
R. Il video è proprio come me lo ero immaginato, e ragazzi di Spettrovisivo sono stati speciali nel seguirci i questo e nel dare vita a ciò che avevamo in mente. Volevo che il video raccontasse Venezia come la vivo io, veneziano fuori casa, quando torno in isola.
Che toccasse i luoghi che per me significano casa, perché mi hanno visto crescere, che raccontasse un po’ quello che è il mio ritorno, che ormai grazie ai fioi, è quasi sempre legato a un concerto, per cui prove e momenti passati insieme.
D. State già lavorando a qualcosa di nuovo? Magari in Italiano o in Inglese per conquistare una più vasta fetta di pubblico? Oppure il cantato in dialetto rimarrà sempre la vostra cifra distintiva?
R. Al momento non sappiamo quale sarà il nostro futuro, quello che è sicuro è che il dialetto fa parte della nostra identità, ma ugualmente non ci poniamo limiti.
Abbiamo già in mente nuovi progetti ma ora siamo principalmente focalizzati a portare questo album più in giro possibile, e fare tanti live, per avere la possibilità di stare in mezzo alla gente, diffondere il nostro messaggio e scambiarsi più emozioni possibili.