Intervista a DubMarta

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DubMarta presenta il suo album Island Wave, un viaggio musicale degli ultimi anni della cantante e bassista italiana residente tra Napoli e Londra. L’isola è il tema ricorrente che dà il titolo all’album, intesa sia in senso geografico che metaforico di uno spazio intimo in cui creare e riflettere.

D. Parlami di Island Wave. Con chi hai collaborato alla realizzazione di questo album?

R. L’album è stato interamente scritto da me, ovviamente poi mi sono affidata ai validissimi musicisti con cui collaboro e all’esperienza di dub masters e ingegneri del suono per quanto riguarda le registrazioni e la pre/post-produzione.
L’album è stato missato da Paolo Baldini DubFiles, con il quale si è instaurato subito un rapporto di amicizia e reciproca stima. Durante il missaggio siamo stati costantemente in contatto, lui mi dava il suo feedback ma ha sempre cercato di accontentarmi se avevo una particolare richiesta per quanto riguarda la resa finale dell’album. Inoltre ha sfornato il dub mix ‘This Is My Home Dub’, traccia n. 7 dell’album.
Con Pier Paolo Polcari (Almamegretta) ho lavorato alla pre-produzione di alcuni brani dell’album, il suo contributo è stato fondamentale, inglobando il suo stile di producer e il suo modo di suonare il piano nelle mie canzoni. Sono veramente molto contenta del risultato e mi piacerebbe continuare a lavorare insieme in futuro.
Il mastering l’ho affidato a Nick Manasseh leggendario producer londinese, col quale mi sono trovata benissimo. Anche lui mi ha dato molti consigli e il suo feedback sull’album, dicendomi quali tracce gli piacessero di più. Purtroppo ancora non ci siamo conosciuti dal vivo, ma presto andrò a trovarlo nel suo studio a Londra per portargli il disco in vinile personalmente.
Dougie Conscious, storico dub master inglese, ha fatto il dub mix ‘Revolution Dub’. Con Dougie la collaborazione è iniziata già tempo fa, è lui che ha missato ‘Love warrior’ il mio primo EP e io ho registrato il basso su un bel po’ di sue produzioni.
Tra i musicisti che hanno registrato l’album ci sono nomi del panorama italiano, inglese e francese. A partire da Ashanti Selah al piano/organo, insieme a Pier Paolo Polcari, alla batteria Drumma Zinx da Bordeaux, con cui ho collaborato ad altre produzioni per varie etichette, e il grande Nico Roccamo (Giuliano Palma, Roy Paci, Awa Fall etc.) Tra i musicisti napoletani c’è Ciro Riccardi alla tromba, noto nome del panorama jazz partenopeo, Aurora Arenare al Trombone, talentuosa musicista e cantante che vive a Barcellona da anni ma troviamo sempre e comunque il modo di collaborare, Antonio Alfano alla chitarra e Mimmo Maglionico, flautista e compositore di spicco del panorama folk e popolare napoletano.

D. Tu ti occupi di tutto nelle tue canzoni, dall’arrangiamento, alle musiche e ai testi. Cosa ti dà più soddisfazione?

R. Devo dire che lavoro con piacere ad ognuno dei tre ambiti, e tutti mi danno soddisfazione. Sicuramente l’arrangiamento è la parte più facile e divertente, perché si lavora a qualcosa che già esiste, cercando di aggiungere parti che rifiniscano il tutto e definire la struttura.
Le musiche e i testi richiedono molto più tempo per me e spesso sono soggette a cambiamenti, parti che vengono eliminate o sostituite, un bridge che diventa chorus etc. La parte musicale è quella più istintiva per me, mi affido all’emozione che mi da una particolare progressione di accordi o tutto può partire da una linea di basso o una linea di fiati.
I testi invece sono la parte più intima, spesso sono estrapolati da cose che ho scritto in maniera discorsiva in un diario, altre volte sono emozioni che scrivo in rima e immagino già una melodia con le parole.

D. Come avviene il tuo processo creativo? Quale è per te la parte più difficoltosa?

R. Posso dire che ogni pezzo dell’album è nato in maniera diversa. Sicuramente la prima cosa che faccio è appuntarmi un’idea che mi viene in mente all’improvviso in modo da tenerla tra le mie note vocali o scritte e svilupparla se penso sia valida. Se è un’idea per una melodia vocale, allora provo a costruirci una struttura armonica attorno, viceversa se è un’idea musicale provo a registrarla nel mio home studio, rendendola attraverso un riff di synth o fiati ad esempio, nel caso di una linea di basso, la registro subito e ci costruisco il pezzo attorno.
Una volta che ho registrato una base con basso, batteria, piano e spesso un riff di synth che poi diventerà una linea di fiati, inizio a lavorare alla melodia della voce e ad adattare le parole che ho scritto, cercando di farle ‘entrare’ nella melodia, o viceversa costruisco una melodia su quello che ho scritto. Sicuramente per me forse la parte più difficoltosa è proprio questa, perché so che è ciò che arriva prima all’ascoltare in maniera diretta, quindi a volte ci metto più tempo a dargli forma. Un’altra cosa difficile è decidere di non usare più una parte cantata che avevo già registrato e riascoltandola mi rendo conto che non funziona, ma allo stesso tempo non riesco a levarmela dalla testa facilmente per fare posto a qualcosa che funzioni di più.

D. Vivi tra Napoli e Londra. In che modo queste due città ti influenzano musicalmente parlando?

R, Londra ha avuto ed ha tutt’ora una grossa influenza dal punto di vista musicale. In questa città ho lavorato molto come bassista suonando anche con altre band e progetti diversi e questo mi ha permesso di conoscere molti bravissimi musicisti e crescere musicalmente suonando anche altri generi di musica, come funk e soul. In più mi ha permesso di connettermi con molti artisti della scena reggae mondiale più facilmente, andando a sentire i loro concerti o semplicemente incontrandoli in sala prove, come ad esempio un giorno finite le prove con la mia band mi sono accorta che Mafia and Fluxy stavano provando nella sala accanto oppure quando ho scoperto che la bassista di Max Romeo fosse la mia vicina di casa. Napoli mi ha influenzato sicuramente molto perché è li che ho iniziato a studiare il basso e a esibirmi dal vivo come bassista. Sicuramente mi sento molto legata a questa città, per le esperienze che mi ha regalato e continua a regalarmi, alimentando la parte più viscerale di me e rafforzando il rapporto con le mie radici.

D. Preferisci il dub alle altre sfumature del reggae?

R. Direi di si, anche se mi piacciono molto anche le altre sfumature del reggae come lo Ska. La componente psichedelica del dub ha però un fascino incredibile su di me, è come se fosse un massaggio sonoro che mi porta in uno stato di meditazione. Adoro i delay e riverberi sugli strumenti e la voce e le atmosfere ipnotiche che si vengono a creare.

D. Con quali artisti ti piacerebbe collaborare in futuro?

R. Un’artista che adoro e con cui mi piacerebbe collaborare è Horace Andy. Anche registrare il basso con Sly Dunbar alla batteria è un mio sogno. Con Mad Professor, Gaudi e Prince Fatty mi piacerebbe lavorare a delle dub versions e perché no anche dal vivo. Anche con la band neozelandese Fat Freddy’s Drop mi piacerebbe molto collaborare e in particolare con Dallas Tamaira che stimo molto come artista. E sicuramente con artiste del panorama reggae contemporaneo come Jah 9, Eva Lazarus e Marina P che sono fortissime.

D. Sarai in tour?

R. Il 30 Novembre presenterò il disco a Londra al The Forge a Camden, e a Napoli il 13 Dicembre all’Auditorium Novecento, uno studio di registrazione storico che risale ai primi del ‘900. Il tour inizierà tra qualche mese, in giro per l’Italia e l’Europa.

D. Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?

R. Sto lavorando ad un album con Dougie Conscious, stiamo scrivendo insieme dei pezzi in cui io canto e suono il basso. Abbiamo già registrato alcune tracce e sono molto contenta del risultato. Con Dougie mi trovo molto bene a lavorare, nelle nostre writing sessions al Consious Sounds a Londra ci facciamo un sacco di risate, ma alla fine siamo molto produttivi. Ho già iniziato anche a mettere giù delle idee per dei miei brani nuovi, e magari chissà qualcuno lo canterò in napoletano.

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