
Kenyatta è il figlio dell’indimenticabile Joseph Hill, fondatore della storia band Culture. Con grande forza e impegno porta avanti l’eredità e la musica paterna in maniera estremamente convincente, tanto da confondersi ogni tanto quando lo si vede cantare sul palco i classici dei Culture. Lo abbiamo intervistato in seguito a uno splendido live che ha tenuto presso il Rototom Sunsplash, giunto quest’estate alla sua trentesima edizione.
D. Grazie per il tuo tempo Kenyatta per questa intervista.
R. Grazie a te e al Rototom per avermi ospitato per questa sua importante celebrazione dei suoi trenta anni! Er per me questa data è molto importante anche perché è l’anniversario della morte di mio padre. L’ho avvertito con me sul palco, è sempre con me.
D. Ho letto che era sul tour bus quando è successo questo avvenimento tristissimo, è vero?
R. Sì e ti ringrazio per specificarlo perché molte persone credono ancora che sia morto sul palco. Niente di più falso.
D. Vengono i brividi nel notare come con il passare degli anni gli assomigli sempre di più fisicamente e nel tuo modo di esibirti.
R. Ti ringrazio, un grandissimo complimento per me ma come si dice la mela non cade mai lontano dall’albero!
D. Come ti sei sentito in passato e come ti senti ora con la grande responsabilità sulle spalle di continuare a portare alta la torcia della musica di Joseph Hill e dei Culture?
R. Mi sento ora come mi sono sentito 19 anni fa. So quale è il mio ruolo e cosa devo fare. È come essere un soldato, ci si mette gli scarponi e si fa quello che è necessario fare. Perché l’eredità della musica dei Culture merita di essere tramandata nel miglior modo possibile.
D. Quale è la tua motivazione?
R. Semplice. È necessario portare avanti ciò che persone come mio padre, Bob Marley o Peter Tosh e tutte le altre leggende hanno combattuto per fare sì che si realizzare. È nostra responsabilità che questo messaggio si preservi intatto di generazione in generazione. Di questi tempi non si sente più tanto reggae roots e quindi bisogna essere grati a tutti coloro che tentano di mantenere l’anima di questa musica. Ci sono guerre ovunque, in Europa, in Medio Oriente, perfino nei Caraibi ad Haiti. Quante vite sono state sprecate. Quante armi vengono vendute. Il messaggio del roots può fare molto in questi tristi tempi.
D. Quale è il ricordo più bello che hai di mr. Hill o la cosa che ti ha detto che ti è più rimasta impressa?
R. Difficile rispondere perché abbiamo avuto così tanti momenti speciali assieme. Forse uno dei ricordi più importanti è stato proprio durante il tour europeo in cui è morto. Forse, magari per un presentimento, mi ha ricordato che a casa in studio avevamo ancora tante canzoni e tracce non finite. Il mio compito è quello di farvele sentire ultimate tutte un giorno.