
Larry Gurruwiwi è una forza della natura. Polistrumentista dalla voce incredibile, Larry è anche riconosciuto come il più grande virtuoso tradizionale dello Yidaki, noto anche come Didjeridoo, al mondo. È un ruolo che ha ereditato dal suo defunto padre, il leggendario capo del clan Galpu, il signor D Gurruwiwi. Larry continua l’eredità di suo padre lavorando con suo fratello Vernon e la sua famiglia allargata sotto il nome di Malawurr, che in lingua Galpu significa famiglia. Noi li abbiamo raggiunti nella splendida cornice delle alpi svizzeri presso la Fondation Opale, uno spazio espositivo contemporaneo che promuove il dialogo tra culture e popoli attraverso l’arte https://www.fondationopale.ch/en/ dove si sono esibiti e hanno tenuto una masterclass sul didgeridoo.
D. Un vero privilegio e un’occasione speciale avervi qui nuovamente in Europa, dopo ben sei anni. Per questo vorrei ringraziarvi per dedicarmi questo tempo per l’intervista. Voi siete i custodi di una tradizione millenaria che ora mischiate con suoni contemporanei come il reggae e il roots. Vorrei che vi presentaste al nostro pubblico.
R. Noi siamo Vernon Gurruwiwi e Larry Gurruwiwi e la nostra band si chiama Malawurr che nella nostra lingua significa famiglia.
D. Come è nata la vostra band?
R. Tutto è cominciato con Larry che è il fratello maggiore. Prima ci chiamavamo Barra o Westwind che è il vento dell’ovest. Poi Larry ha deciso di cambiare il nome Malawurr che significa famiglia, una famiglia allargata che abbraccia tutto il mondo. Abbiamo cambiato il nome nello stesso periodo in cui Ben Strunin ha deciso di realizzare un film documentario su di noi e la nostra storia, intitolato Westwind.
D. Parlatemi di questo film e anche della sua realizzazione…
R. Parla principalmente dell’eredità spirituale dell’importante figura di nostro padre. Noi cerchiamo di portare avanti la sua eredità per lui e per le generazioni future. In questo modo possiamo mostrare al mondo la nostra cultura e il nostro sapere, soprattutto attraverso la musica che per noi è un elemento importantissimo nella vita di tutti i giorni. Mio padre amava condividere la nostra cultura e ci ha chiesto di farlo anche quando se ne sarebbe andato. Perciò questo è quello che facciamo. Il messaggio di nostro padre e quindi il nostro è per il mondo intero.
D. Nel film è evidente inizialmente anche le vostre difficoltà nel portare avanti un’eredità così importante…
R. Sì, questa è stata la nostra vita. È stato perfino difficile andare ai funerali di nostro padre tanta la responsabilità che abbiamo sentito. Ma poi qualcosa è cambiato, è scattato qualcosa e abbiamo capito che portare avanti questo messaggio, anche se difficile, è l’unica cosa giusta per la nostra tribù e anche per il resto del mondo.
D. Un seguito del film è in lavorazione. Cosa potete dirmi in proposito?
R. Il secondo documentario si chiamerà Morning Star e viene raccontato come abbiamo raccolto e portato avanti le nostre tradizioni a casa e in giro per il mondo.
D. Le vostre canzoni e melodie tradizionali, le cosiddette songlines, raccontano delle storie e insegnamenti per le generazioni più giovani e future. Potete spiegarmi questo vostro concetto di musica?
R. La nostra gente si chiama Yolngu che significa appunto popolo/gente. Noi cantiamo sia alla natura che alle persone e parliamo sia della natura che delle persone. Questo dà grandi benefici sia alla natura che alle persone. Semplice! Impariamo dalla natura e ci tramandiamo questi insegnamenti millenari di padre in figlio. Utilizziamo semplicemente bilma e yidaki, bacchette e didgeridoo, e con queste creiamo la base di ritmi universali che stanno anche alla base del cosmo. Noi vogliamo condividere questo con il resto del mondo.
D. L’yidaki o didgeridoo è molto popolare anche qui in occidente anche se forse non in molti conoscono le origini di questo strumento così magico. Voi e la vostra tribù ne siete i custodi perché lo strumento è nato in Arnhem Land, nel profondo nord dell’Australia da dove provenite. Cosa potete raccontarmi di questo? A voi piace l’uso che si fa del didgeridoo nella musica moderna o preferite il suo uso cerimoniale originario?
R. Noi apprezziamo moltissimo che l’uso dell’yidaki o del didgeridoo si diffonda in tutto il mondo in qualsiasi tipo di musica. La musica del didgeridoo è perfino terapeutica e nella nostra cultura noi curiamo con le vibrazioni del didgeridoo, sopratutto le malattie dell’anima e dello spirito. Noi fratelli adesso che nostro padre non c’è più siamo i custodi dello strumento e vorremmo curare il mondo con la nostra musica e tramandare questi insegnamenti alle nuove generazioni.
D. La musica della vostra band Malawurr mescola ritmi tradizionali con altre musiche come il reggae su tutte. Quali sono le vostre maggiori influenze? Quali artisti apprezzate maggiormente e cosa vi piace ascoltare?
R. Ci piace molto mescolare le nostre musiche con le influenze occidentali. Ci piace il rock, il rap ma soprattutto il reggae. Da giovani ascoltavamo tantissimo Bob Marley e Lucky Dube che è venuto perfino a esibirsi a Darwin e il cui concerto è stato aperto da nostro padre che ha suonato il didgeridoo sul palco prima di lui. Ci piace la musica upbeat e il reggae su tutte. Noi mettiamo insieme queste influenze, con le nostre melodie, con le storie della nostra gente e con il vento e creiamo le nostre canzoni.
D. State lavorando a qualcosa di nuovo in studio?
R. Al momento abbiamo appena pubblicato il nuovo singolo Wata e speriamo di comporre nuove tracce quanto prima.
D. Come ultima domanda un messaggio per il pubblico italiano direttamente dall’outback australiano?
R. Speriamo di vederci presto ed esibirci in Italia con i Malawurr in modo che possiate anche voi provare e sentire le vibrazioni della nostra musica e del didgeridoo! Manymak!
Per info: https://www.larrygurruwiwi.com/