Intervista a Loyal Flames

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Loyal Flames è un giovane cantautore emergente che proviene da St. Catherine, Giamaica. Molti fan e amici di questo artista appassionato hanno detto: “Ha una voce con un cuore”. Le sue canzoni prendono vita propria. Lo abbiamo intervistato.

D. Come prima domanda vorrei chiederti perché hai scelto questo stage name?

R. Mi piace quando i nomi descrivono bene un prodotto, in maniera chiara. Nel mio caso flames ossia le fiamme stanno a rappresentare la passione che brucia in me mentre loyal ovvero leale sta a significare la lealtà che mi contraddistingue in qualsiasi cosa faccia. È un nome che è nato quindi da un’attenta analisi di me stesso.

D.  Come hai iniziato a cantare?

R. La musica ha sempre fatto parte della mia vita ma nel 2011 ho incontrato sulla mia strada Vikings Production e ho cantato su un loro riddim. Da quel momento ho iniziato il mio percorso nella musica. Come ti ho detto prima sono molto leale quindi da quel momento sono sempre rimasto con loro.

D. Da quali artisti trai maggiore ispirazione?

R. Ce ne sono talmente tanti da dover nominare, di tanti generi diversi. Alcuni perché scrivono grandi testi, alcuni perché sono dei grandi performer sul palco. Ognuno per una ragione differente. Come ti ho detto la lista di nomi sarebbe molto lunga però potrei citarti Jah Mason con il suo sound che ricerco un po’ anche io. Se qualcuno per esempio mi dicesse che suono come Jah Mason per me sarebbe un grande complimento. Un altro artista che apprezzo molto è Lutan Fyah. Guardando al passato potrei citarti invece Peter Tosh, con la sua energia e la sua forza. Imparo comunque da qualunque artista possa insegnarmi qualcosa.

D. Cosa servirebbe al reggae per crescere internazionalmente?

R. Come in ogni altro business bisogna curare molti aspetti. Serve un maggiore focus sul pubblicizzare meglio questa musica attraverso un buon uso del marketing. Con Vikings stiamo proprio tentando di fare questo, lavorando come un vero team. Bisognerebbe imparare a lavorare di più e lamentarsi meno.

D. E tu come combatti la frustrazione quando le cose non vanno come dovrebbero?

R.  Io non mi lamento mai. Io non faccio musica per il Grammy, per raggiungere una posizione o per soldi. Io amo la musica e la faccio solo per passione. Sensazioni genuine. La mia motivazione non viene dal voler diventare il numero 1 o scalare le classifiche. Se poi ce la faccio con la passione tanto di guadagnato ma non è il mio scopo finale. Nessuno controlla il mondo però dobbiamo sempre domandarci cosa possiamo fare per migliorarci e migliorare la situazione. Le cose materiali passano. Serve tempo per imparare questo.

D. Come definiresti la tua arte?

R. La mia musica è musica dell’anima. Io non voglio combattere nessun sistema io voglio incoraggiare e rassicurare le persone perché lo sappiamo tutti che il mondo non va come dovrebbe, non serve ricordarlo di continuo. Io ricordo di non lamentarsi e di lavorare duro per raggiungere un obiettivo. Come una terapia.

D. La tua prima canzone però è stata ispirata da un evento molto doloroso, ossia la morte di un tuo caro amico per un’intossicazione alimentare…

R. Verissimo, un caro amico morto per via dell’ackee che se non viene trattato bene può essere mortale. Un grande insegnamento perché perfino il cibo che ci serve per vivere se non si sta attenti può ucciderti.

D. Stai lavorando a qualcosa di specifico in questo momento?

R. Abbiamo in cantiere un album che è quasi terminato e al momento sto lavorando a un paio di singoli da pubblicare, di cui uno in combination con Turbulence. Stiamo cercando di capire quali canzoni possano creare un impatto positivo, componendo questo album. Siamo sempre in movimento comunque. Questo mese suono negli Stati Uniti e poi saremo in Europa quest’estate, suonando in un paio di festival come il Reggae Jam.

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